Ho sempre pensato che fosse una gran fortuna vivere nel mediterraneo con la scansione temporale segnata dal cambio delle stagioni.
E’ un ottimo modo per allenarsi a non sostare troppo a lungo sullo stesso time frame, sullo stesso margine, nello stesso ambito temporale, alle stesse condizioni.
Quel sostare troppo a lungo è infatti il nostro grande pericolo, nostro inteso come di noi esseri umani…a tutti capita nel proprio percorso di vita di acquisire chiarezza in merito a qualcosa, di fare qualche scoperta che fa sentire strabiliati, che ci fa sentire nel giusto per noi.
A tutti succede in un ambito piuttosto che in un altro, ed è assolutamente doveroso spendere attenzione e tempo su questi temi, cercando di approfondirli e valorizzarli.
Ma così come è venuto il tempo della scoperta così anche viene il tempo del lasciare andare o quanto meno del rivisitare profondamente le proprie posizioni, convinzioni, certezze, maturate con quella esperienza.
Nulla rimane uguale a se stesso nel corso del tempo, in primis noi stessi…il corpo cambia, le esigenze cambiano.
E se si vuole vivere con i neuroni sempre accesi alla ricerca di ciò che si potrebbe definire la verità delle cose e del nostro stesso vivere, non ci si può esimere dal continuare a mettersi in gioco.
Quello che era giusto a vent’anni non lo è più a trenta, anche solo perché si mostra con altre facce prima non “calcolabili”.
Eppure è molto facile che succeda di rimanere attaccati a quel momento, a quella scoperta, a quella verità.
Ci si mette a sedere lì come fosse tutto ciò che la Vita ci può dare e ci si accontenta così.
Nella mia esperienza non ho potuto evitare di rendermi conto che molte delle persone e delle comprensioni acquisite nel corso delle mie precedenti esperienze nel momento in cui si fermavano rivolgendo lo sguardo solo a sé, in qualche modo decidevano di lasciarsi morire nella mancanza di nutrimento che questo atteggiamento autoreferenziale comporta.
Diventando anche antipatiche, sia le persone che le esperienze…perché per poter continuare a confermare il proprio privilegio di posizione occorre non aver occhi e orecchie per il presente che muta inevitabilmente e anche per il proprio sé che muta naturalmente con il contesto.
Ci si denaturalizza dunque non permettendo di aprirsi e chiudersi nel respiro della vita…salvando ciò che davvero vale da ciò che forse valeva e ora non serve più, almeno non così.
Se guardiamo al nostro corpo così funziona…sostanzialmente siamo un tubo in continuo scambio col mondo esterno da cui prendiamo quello che c’è per selezionarlo e lasciare andare ciò che non serve, non ci è utile, almeno non in quel momento…perchè è diverso se stiamo correndo, se stiamo dormendo, se siamo in gravidanza o in età avanzata piuttosto che adolescenti per esempio…
La sosta ha un suo tempo necessario e vitale, accorciarlo o allungarlo ci porta fuori strada e non ci permette di nutrirci del futuro.
Rimarremmo nel passato, perdutamente invecchiati fuori dal tempo, accecati dalle vecchie illusioni.
Così che anche non volendo mettersi in gioco nella corsa alla consapevolezza, l’andamento degli eventi ci costringerà a prenderne la misura.
Rinunciando a scegliere quello da tenere e quello da lasciare andare, anziché ciò che ci accade, a prescindere dalla nostra volontà.
L’ascolto di sè e del proprio risuonare nel mondo può aiutarci molto a comprendere ciò che va e ciò che invece resta davvero.
E a svolgere il compito che ci appartiene.
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